Compro, mangio, avanzo, spreco. Con l’avvicinarsi della Giornata Mondiale contro lo Spreco Alimentare il prossimo 5 Febbraio 2021, è necessario riflettere su un fenomeno che negli ultimi anni ha assunto proporzioni tali da essere considerato un paradosso globale e una priorità da contrastare a livello mondiale.
In Italia, lo spreco di cibo generato ogni anno a livello pro-capite è pari a 65kg, di cui 27,5 kg sono da attribuire al consumo domestico. Una quantità enorme che, moltiplicata per il totale della popolazione italiana, si va a sommare a tutte le altre perdite di carattere alimentare: cibo scartato nella fase di raccolta e conservazione, trasporto e distribuzione; processi di lavorazione, controllo qualità, confezionamento e distribuzione.
Solo il 43% dell’equivalente calorico dei prodotti coltivati a scopo alimentare a livello globale viene direttamente consumato dall’uomo, che rischia di sprecarne una parte per via di una mala gestione delle risorse: cattiva conservazione, assenza di attenzione alle scadenze, sovradimensionamento degli acquisti.
La Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition, che studia la complessità dei sistemi agro-alimentari al fine di promuovere il cambiamento verso uno stile di vita più sano e sostenibile, propone una distinzione netta tra Food Loss e Food Waste.
Per Food Loss si indicano “le perdite che si determinano a monte della filiera agroalimentare, principalmente in fase di semina, coltivazione, raccolta, trattamento, conservazione e prima trasformazione agricola”, mentre per Food Waste si identificano “gli sprechi che avvengono durante la trasformazione industriale, distribuzione e consumo finale”.
Focalizzando l’attenzione solo sugli sprechi domestici, la Fondazione BCFN comunica che all’anno, in Italia, ogni persona spreca circa 65 kg a testa; mentre in Spagna e nel Regno Unito 55. Per quanto riguarda i paesi in via di sviluppo, invece, i dati rilevano perdite soprattutto nelle attività della filiera.
Le tonnellate di cibo perso o sprecato, oltre 1,3 miliardi, hanno effetti su aspetti trasversali della nostra società: un effetto economico, che determina a 2.600 miliardi di dollari in costi vivi; un effetto ambientale, che evidenzia lo sfruttamento di risorse preziose e la produzione massiva di emissioni, causate dallo smaltimento dei rifiuti; un effetto etico e morale nel prendere consapevolezza che potremmo potenzialmente nutrire chi, in molti territori del mondo, soffre la fame, ovvero circa 690 milioni di persone.
Di fronte a questi dati è necessario trovare soluzioni concrete per contrastare questo paradosso, ad esempio attivando una Supply Chain più sostenibile che contribuisca a migliorare la gestione delle risorse sia alimentari che idriche; limitando gli sprechi dei consumatori e destinando quanto è buono da mangiare a chi ne ha bisogno; sensibilizzando industrie, GDO e consumatori sulle buone prassi da adottare; infine, ripensando allo scarto come nuova risorsa.
Dimensione economica, ambientale ed etica sono strettamente correlate tra loro e legate da una catena di cause ed effetti che deve essere ripensata, modificata e trasformata in modo più sostenibile per il Pianeta e per le persone che lo abitano.
La Fondazione BCFN continua lo studio e l’analisi di questo fenomeno complesso, realizzando ricerche e contenuti di valore scientifico utili a guidarci nelle scelte quotidiane in materia di cibo, nutrizione, salute e sostenibilità.
Con il programma “Noi, il cibo, il nostro Pianeta”, la Fondazione offre alla scuola italiana materiali didattici per ogni ordine e grado per guidare docenti e studenti di ogni età a comprendere le importanti dinamiche che riguardano il cibo e l’ambiente, ma anche le società, le migrazioni e la salute dell’uomo.
Le risorse, disponibili gratuitamente sulla piattaforma EducazioneDigitale.it, sono fruibili al seguente link.
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