
CURA
Educare è prendersi cura: di sé, degli altri, del mondo. Cura è attenzione ai dettagli invisibili.
CURA è una parola che abbraccia.
In educazione, non è solo una strategia, ma un’attitudine: prendersi cura di ogni studente come persona unica, delle parole che scegliamo, dei silenzi che rispettiamo. Cura è ascoltare senza fretta, costruire spazi sicuri, credere nelle potenzialità prima ancora di vederle realizzate. Significa anche prendersi cura di sé, per poter essere presenza autentica e non solo funzione. Cura è coltivare piccole attenzioni che fanno la differenza: un sorriso in più, una domanda sincera, un incoraggiamento inatteso. Durante l’estate, mentre tutto rallenta, possiamo tornare ad allenare questo sguardo: guardare e riguardare, dentro e fuori, per ricordarci che ogni gesto educativo nasce sempre da un gesto di cura.
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Una lezione potente su quanto conta un docente che si prende cura davvero dei suoi studenti.
E tu, in che gesto riconosci la cura?

RINASCITA
Non è ricominciare da zero, ma guardare a quello che eravamo con occhi nuovi. Anche una piccola fioritura è una rinascita.
RINASCITA non è un evento improvviso. È spesso un processo lento, silenzioso, fatto di piccole riparazioni invisibili. Non significa dimenticare ciò che è stato, ma attraversarlo per diventare qualcosa di più intero. Ogni anno scolastico che finisce lascia dietro di sé fatiche e domande. E ogni estate offre uno spazio – anche breve – per contemplare da lontano il nuovo. A volte la rinascita non è annunciata, si scopre solo guardandosi indietro: un pensiero che cambia, un’abitudine che si scioglie, un entusiasmo che ritorna. Rinascere è permettersi di cambiare. È non dover essere esattamente quelli che eravamo. E per un docente, significa riavvicinarsi alla propria vocazione con uno sguardo fresco, rinnovato dalla vita vissuta fuori dall’aula. Settembre arriverà. Ma quale parte di te vuoi portare con te?
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Un viaggio tra scienza e meraviglia, per ricordarci che ogni fine porta con sé un nuovo inizio. Anche noi, come le stelle, possiamo rinascere da ciò che sembrava perduto.
Qual è il segno, piccolo o grande, della tua personale rinascita estiva?
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LENTEZZA
La lentezza non è inerzia, è presenza. È tempo pieno, non tempo perso.
LENTEZZA è una parola che oggi è quasi un insulto.
In una scuola spesso scandita da scadenze, urgenze e campanelle, la lentezza può sembrare un lusso. Eppure, è proprio nella lentezza che l’apprendimento si fa profondo, che il pensiero prende forma, che la relazione si radica. Lentezza non è inefficienza: è attenzione. È accorgersi che uno sguardo ha bisogno di qualche secondo in più. Che una domanda non ha sempre bisogno di una risposta immediata.
Durante l’estate, possiamo riscoprire il valore del “non subito”: leggere senza fretta, pensare senza produrre, parlare senza correre. E portare con noi, a settembre, un ritmo diverso: più umano, più vivo, più nostro. Perché non si educa nel rumore, ma nel respiro tra un gesto e l’altro.
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Un saggio breve e illuminante che esplora il valore del pensiero lento in una società frenetica.
Disponibile su Audible, letto da Alessandro Pili.
Qual è l’ultima volta in cui ti sei concesso il lusso della lentezza? Raccontacelo.

MERAVIGLIA
C’è un sapere che nasce solo dallo stupore. La meraviglia è la porta dell’apprendimento.
MERAVIGLIA è ciò che accade quando ci fermiamo davanti a qualcosa di inatteso e, per un attimo, smettiamo di spiegare.
È lo sguardo del bambino che vede una farfalla da vicino. È la domanda che nessuno aveva previsto. È quel momento in cui ci scopriamo ancora capaci di stupirci, anche da adulti, anche da insegnanti.
La meraviglia è sorella della curiosità, ma ha qualcosa di più: non pretende subito risposte. In classe, è spesso il motore invisibile dell’apprendimento. Fuori dalla classe, è il rifugio in cui possiamo ritrovare senso.
Durante l’estate, la meraviglia può annidarsi ovunque: in un cielo che cambia colore, in una parola sentita per caso, nel modo in cui la luce entra da una finestra.
Basta un po’ di attenzione. E la volontà di restare aperti, anche quando non serve a niente. Anzi, soprattutto quando non serve a niente.
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Un invito concreto a riscoprire lo stupore nella vita e nel lavoro, anche nelle piccole cose di ogni giorno.
Quando ti sei meravigliato l’ultima volta?
Fermati. E scrivilo solo per te.

CONFINE
Non tutto divide: a volte i confini uniscono, proteggono, definiscono. A volte chiedono di essere attraversati.
CONFINE è una parola ambigua. Ci fa pensare a muri, separazioni, limiti. Ma in realtà, ogni confine è anche un punto d’incontro: tra due mondi, due identità, due possibilità. In educazione, i confini servono a dare forma. La regola è un confine: tutela, orienta, protegge. Ma lo è anche il silenzio che lascia spazio all’altro. O il “no” che insegna il rispetto. C’è poi un altro tipo di confine, quello più invisibile: tra la nostra persona e il nostro ruolo, tra il dentro e il fuori, tra ciò che sentiamo e ciò che mostriamo. In estate, possiamo osservare i confini con uno sguardo nuovo: non per abbatterli, ma per abitarli con più consapevolezza. E scoprire che, spesso, è proprio ai margini che nascono i cambiamenti.
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Paolo Rumiz, giornalista, scrittore, viaggiatore e grande conoscitore di luoghi di confine, si confronta con la giornalista Leila Belhadj Mohamed sul significato dei confini.
Quale confine, reale o simbolico, hai attraversato nell’ultimo anno?

MEMORIA
Non è solo ricordo: è radice, identità, ponte tra ciò che siamo stati e ciò che possiamo diventare.
MEMORIA è un filo che tiene insieme le nostre esperienze, le relazioni, le scelte. È ciò che resta, anche quando il tempo passa. In educazione, la memoria è molto più che nozionismo: è narrazione, risonanza, traccia. Ogni volta che uno studente ricorda una lezione, un gesto, una frase che lo ha toccato, non sta solo immagazzinando informazioni. Sta costruendo senso. La memoria può essere personale o collettiva, calda o dolorosa, viva o dimenticata. D’estate possiamo ritrovare uno spazio per lasciarla emergere, senza sforzo: sfogliando vecchi quaderni, camminando in luoghi familiari, rileggendo messaggi, ascoltando canzoni. E chiederci: di cosa voglio fare memoria, oggi? Perché scegliere cosa ricordare è anche un atto di libertà.
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Un intervento sorprendente sulla natura fallibile e creativa della memoria umana: non è una registrazione, ma una ricostruzione continua.
Quale memoria, piccola o grande, ti porti dentro con gratitudine?

SOSTENIBILITÀ
Non riguarda solo l’ambiente. Sostenere significa anche prendersi cura, con equilibrio, di sé e degli altri.
SOSTENIBILITÀ è una parola che sentiamo spesso, a volte troppo. E rischia di perdere il suo significato profondo. Essere sostenibili non è solo differenziare i rifiuti o scegliere prodotti a basso impatto. È chiedersi: “Quello che sto facendo… può durare nel tempo?”. In educazione, come nella vita, serve imparare a distinguere ciò che è intenso da ciò che è sostenibile. Un ritmo di lavoro, una relazione, una scelta: non basta che funzionino oggi. Devono poter reggere anche domani, senza logorare. Sostenibilità è una forma di rispetto: per l’ambiente, ma anche per il corpo, per il tempo, per le emozioni. L’estate può essere il momento giusto per sperimentare un equilibrio diverso, proteggendo le nostre riserve e rivalutando come spendiamo le nostre energie. Per poi portarlo con noi, a piccoli passi, anche nei mesi più pieni. Perché un gesto sostenibile è, prima di tutto, un gesto che ci lascia interi.
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Una riflessione brillante su quanto la sostenibilità richieda pensiero critico, consapevolezza e capacità di uscire dagli automatismi.
Qual è un gesto che puoi cambiare da oggi per rendere più sostenibile il tuo modo di vivere… o di educare?

DESIDERIO
Non è un capriccio, né una mancanza. Il desiderio è progettualità: è il motore silenzioso del nostro agire.
DESIDERIO è una parola antica. Viene da de-sidera, “mancanza delle stelle”: il desiderio nasce quando sentiamo che qualcosa ci attrae, anche se non possiamo ancora toccarlo. Non è solo voglia. È visione. Desiderare, per un docente, significa non smettere mai di immaginare un possibile diverso: per i propri studenti, per la propria scuola, per sé. Ma c’è una parte del desiderio che spesso dimentichiamo: quella che riguarda noi stessi come persone, non solo come educatori. Cosa ci anima davvero? Cosa ci muove, al di là del dovere e delle abitudini? L’estate può diventare uno spazio fertile per far emergere desideri sepolti, accantonati, rimandati. E ascoltarli, senza giudizio. Perché ogni progetto nasce da lì: da qualcosa che ci chiama, anche se ancora non ha nome.
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Un viaggio nel significato profondo del desiderio attraverso il pensiero di Platone, Spinoza e Leopardi. Per scoprire come il desiderare ci rende umani.
Qual è il desiderio che, in questo momento, stai lasciando emergere senza fretta?

FIDUCIA
Non è certezza. È una scelta: quella di credere in qualcosa o qualcuno, anche quando non si hanno tutte le prove.
FIDUCIA non è qualcosa che si possiede, ma qualcosa che si costruisce, ogni giorno, gesto dopo gesto. È ciò che permette alle relazioni di esistere, all’apprendimento di accadere, al futuro di essere immaginato. Nella scuola, fiducia significa credere in chi si ha di fronte: anche quando sbaglia, anche quando non è ancora “pronto”. Significa anche credere in sé stessi, nel proprio valore, nella possibilità di fare la differenza. Ma la fiducia non è cieca: è consapevole, coraggiosa, fragile. Richiede tempo e coerenza. Durante l’estate, possiamo chiederci: in cosa (o in chi) ho scelto di credere quest’anno? E anche: dove ho bisogno che qualcuno creda in me? Perché la fiducia non si insegna a parole. Si vive. E si dona.
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Un intervento chiaro e coinvolgente che spiega come la fiducia si fondi su empatia, autenticità e logica. Utilissimo per chi lavora nelle relazioni, in aula e fuori.
C’è un luogo, una persona o un progetto in cui scegli di credere, oggi?

ATTESA
Non è vuoto, né sospensione. L’attesa è uno spazio di preparazione, di ascolto e di possibilità.
ATTESA è una parola che ci mette a disagio. Viviamo in tempi che premiano la velocità, la risposta immediata, il “subito”. Eppure, l’attesa è parte essenziale di ogni trasformazione. È nel tempo dell’attesa che si sedimentano le idee, che si affilano i pensieri, che la motivazione prende forma. In educazione, l’attesa è fiducia nel processo: aspettare che uno studente trovi le parole o che un gruppo maturi una decisione. Anche noi, come docenti, siamo chiamati ad abitare l’attesa: dei risultati e dei cambiamenti, delle graduatorie e della campanella. Durante l’estate, questo tempo può essere vissuto non come “mancanza di fare”, ma come paziente gestazione del possibile. Un tempo che non corre, perché spesso, quando nulla sembra accadere, è proprio lì che tutto comincia.
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Un breve ma intenso approfondimento sull’opera di Samuel Beckett e sul significato dell’attesa come condizione umana e filosofica. Una riflessione di Masolino D’Amico sul capolavoro del Teatro dell’Assurdo.
Cosa stai aspettando, in questo momento della tua vita?
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